Le due salvezze

“Prendersi cura della Madre Terra l’impegno del buon cristiano”

Si è svolto ieri, martedì 28 settembre 2021, presso laChiesa Ortodossa di Via Ostiense a Casal Bernocchi, il primo “Incontro di Preghiera Ecumenico per il Tempo del Creato: Una casa per tutti?” nel nostro territorio di Roma sud, presieduto da Pr. Gheorghe Militaru, vicario eparchiale della Chiesa Ortodossa Romena in Italia e da s.e. Dario Gervasi, vescovo ausiliare della Diocesi Roma per il settore Sud.

Ci siamo riuniti nel nome del Dio Trino, Creatore, Redentore per ringraziarlo della Terra e di tutte le sue creature. Abbiamo cantato e pregato in romeno e italiano rivolgendoci ai quattro punti cardinali che segnano le diversità dei territori e delle genti. Abbiamo professato la nostra comune fede in Gesù Cristo, vera icona di Dio e dell’umanità. Abbiamo invocato il Padre perché ci sostenga nel nostro desiderio di curare le ferite della madre terra e di convertirci ad un stile di vita più sobrio che ci consenta di consegnarla alle future generazioni un pò più sana di come è adesso. Al termine dell’incontro, cui erano presenti un centinaio di sorelle e fratelli provenienti da diverse parrocchie del settore sud di Roma, Padre Gheorghe e don Dario hanno piantato due olivi a ricordo della giornata.

Questa immagine ha l'attributo alt vuoto; il nome del file è Padre-Giorgio-576x1024.jpgQuesta immagine ha l'attributo alt vuoto; il nome del file è Don-Dario-576x1024.jpg

Padre Gheorghe ci ha poi raccontato la storia del sito che ha ospitato il nostro incontro. Un area destinata alla costruzione di una chiesa ortodossa per la comunità rumena. I lavori iniziano nel 2012, ma ci si ferma subito perché già dal primo scavo è stata rinvenuta un’area archeologica che ha svelato i resti di un mausoleo del primo secolo dopo Cristo, un complesso termale e un’area destinata alla sepoltura, con quasi 80 scheletri rinvenuti, tra cui una coppia abbracciata.  Le indagini sono state condotte dagli archeologi della Soprintendenza e da operai specializzati rumeni, tutti volontari non retribuiti. Le spese degli scavi sono state sostenute dalla comunità rumena. Il contesto archeologico è caratterizzato da varie stratificazioni, compreso in un periodo che va dal I al il V secolo d.C. Le analisi antropologiche della necropoli hanno rilevato un campione di popolazione con uno stile di vita modesto, socialmente medio-basso. Ma l’area, come si evince dalle iscrizioni sulle tubature in piombo apparteneva ad una liberta dell’imperatore Adriano proveniente dal Danubio meridionale: l’area sta tornando quindi in mani rumene.

La comunità romena ha donato a Don Dario una stupenda icona in argento raffigurante La madre della Tenerezza. Don Dario era senza parole e commosso. Un’agape fraterna ha concluso la serata dove abbiamo conosciuto “due belle persone” che guidano “due belle comunità”. E’ stata un’esperienza di comunione bellissima. Non ci aspettavamo tanta ricchezza e coinvolgimento.

Ma quale è il senso di questo incontro e del nostro essere e agire da cristiani oggi?

La salvezza ha un duplice aspetto: c’è certamente una salvezza personale che viene dall’incontro di ognuno di noi con Cristo; ma la verità di questo incontro è testimoniata e verificata dall’incarnazione nella storia del mondo e dall’impegno del cristiano per la sua salvezza e per la sua liberazione.

Ce lo ha spiega ogni giorno Papa Francesco, tra molte incomprensioni, da quando guida la Chiesa cattolica. Ma lo ha magistralmente riassunto nella prefazione al libro «Fraternità segno dei tempi. Il magistero di Papa Francesco» (Lev, pp. 264, euro 12, in libreria da domani) scritto a due mani dal card. Michael Czerny e da don Christian Barone.

Lo riportiamo come riportato da Vatican Insider de La stampa

Il cuore del Vangelo è l’annuncio del Regno di Dio, che è Gesù in persona, l’Emmanuele e Dio con noi. In Lui, infatti, Dio realizza in modo definitivo il Suo progetto d’amore per l’umanità, stabilendo la Sua signoria sulle creature e immettendo nella storia umana il germe della vita divina, che la trasforma dal di dentro.

Il Regno di Dio certamente non va identificato o confuso con una qualche realizzazione terrena e politica; tuttavia, non va neanche immaginato come una realtà puramente interiore, personale e spirituale, o come una promessa che riguarda solo l’aldilà. In realtà, la fede cristiana vive di questo affascinante e avvincente “para-dosso”, una parola molto cara al teologo gesuita Henri de Lubac: è ciò che Gesù, unito per sempre alla nostra carne, realizza già qui e ora, aprendoci alla relazione con Dio Padre e operando una continua liberazione nella vita e nella storia che viviamo, perché in Lui il Regno di Dio si è ormai fatto vicino (cfr. Mc 1,12-15); al contempo, mentre siamo in questa carne, il Regno rimane anche una promessa, un anelito profondo che ci portiamo dentro, un grido che si leva dalla creazione ancora segnata dal male, che geme e soffre no al giorno della sua piena liberazione (cfr. Rm 8,19-24).

Il Regno annunciato da Gesù, perciò, è una realtà viva, dinamica, che ci invita alla conversione e chiede alla nostra fede di uscire dalla staticità di una religiosità individuale o ridotta a legalismo, per essere invece una inquieta e continua ricerca del Signore e della Sua Parola, che ogni giorno ci chiama a collaborare all’opera di Dio nelle diverse situazioni della vita e della società. In modi diversi, spesso silenziosi e anonimi, spesso anche dentro la storia dei nostri fallimenti e delle nostre ferite, il Regno di Dio si sta realizzando nel nostro cuore e nella storia attorno a noi; come un piccolo seme nascosto nel terreno (cfr. Mt 13,31-32), come un po’ di lievito che fermenta la pasta (Mt 13,24-30), Gesù immette nella nostra storia i segni della vita nuova che è venuto a inaugurare e ci chiede di collaborare con Lui in questa opera di salvezza: ciascuno di noi può contribuire a realizzare l’opera del Regno di Dio nel mondo, aprendo spazi di salvezza e di liberazione, seminando la speranza, sfidando le logiche mortifere dell’egoismo con la fraternità evangelica, impegnandosi nella tenerezza e nella solidarietà a favore del prossimo, specialmente dei più poveri.

Non bisogna mai neutralizzare questa dimensione sociale della fede cristiana. Come ho ricordato anche in Evangelii gaudium, il kerigma della fede cristiana possiede in se stesso un contenuto sociale, invitando alla costruzione di una società in cui trionfi la logica delle beatitudini e di un mondo solidale e fraterno. Il Dio amore, che in Gesù ci invita a vivere il comandamento dell’amore fraterno, guarisce attraverso l’amore le nostre relazioni interpersonali e sociali e ci chiama a essere operatori di pace e di fraternità tra di noi: «La proposta è il Regno di Dio (Lc 4,43); si tratta di amare Dio che regna nel mondo. Nella misura in cui Egli riuscirà a regnare tra di noi, la vita sociale sarà uno spazio di fraternità, di giustizia, di pace, di dignità per tutti. Dunque, tanto l’annuncio quanto l’esperienza cristiana tendono a provocare conseguenze sociali» (Evangelii gaudium, 180). In questo senso, la cura della nostra Madre Terra e l’impegno a edificare una società solidale in cui siamo “fratelli tutti”, non solo non sono estranei alla nostra fede, ma ne sono una realizzazione concreta.

Questo è il fondamento della Dottrina Sociale della Chiesa. Non è un semplice risvolto sociale della fede cristiana, ma una realtà che ha un fondamento teologico: l’amore di Dio per l’umanità e il Suo disegno di amore e di fraternità che Egli realizza nella storia per mezzo di Gesù Cristo Suo Figlio, al quale i credenti sono intimamente uniti per mezzo dello Spirito.